Interessantissima ed esclusiva visita di Monte Testaccio, una collina artificiale alta più di 50 metri sorta sulla riva sinistra del Tevere, a valle del Foro Boario e dell'isola Tiberina. Era una vera e propria discarica dell'antichità, composta dai resti delle anfore che a partire dalla fine della seconda guerra punica e per tutta l'età imperiale trasportavano olio a Roma (nell'antica Roma l'olio veniva utilizzato, oltre che per cucinare, anche per l'illuminazione e per i massaggi nelle terme).
Le anfore venivano caricate nei territori d'origine su grandi navi onerarie che arrivavano fino al porto di Ostia. Da qui venivano trasferite su chiatte più piccole, che risalivano il corso del Tevere con la tecnica dell'alaggio (ovvero per mezzo di corde trainate da buoi) e scaricate nel grande porto di Ripa Grande (l'Emporium).
Gli archeologi hanno recuperato molte informazioni studiando la composizione chimica delle anfore e studiando le scritte a caratteri rossi, che venivano poste tra le anse. Queste scritte erano veri e propri controlli di qualità e indicavano, un po' come ai giorni nostri, la provenienza dell'olio (sappiamo così che arrivava prevalentemente dal Betico, corrispondente all'odierna Andalusia), il produttore, il compratore, il peso e persino l'anno di produzione (indicato con i nomi dei consoli in carica).
Noi saremo meno ambiziosi degli archeologi e ci accontenteremo, per così dire, di un percorso sensoriale. Così, una volta varcato il cancelletto di ingresso, è impressionante vedere la distesa di frammenti di anfore a perdita d'occhio tutto intorno a noi e soprattutto sentire lo scricchiolio dei cocci sotto i nostri piedi mentre scaliamo la collina per raggiungerne la vetta. Da quassù, mentre ammireremo un panorama inconsueto della Roma attuale, la nostra immaginazione andrà alla Roma di 2000 anni fa e su questa straordinaria collina riprenderanno vita il pullulare di commerci e di persone, di schiavi e bestiame, la compravendita di olio e il viavai di carri che trasportavano in questa antica discarica, pronte per essere sigillate con strati di calce, i resti delle anfore ormai inutilizzabili perché impregnate di olio.