Roma tra Impero e Barocco

Un walking tour che in una sola giornata vi farà assaporare 2000 anni di storia della città eterna.
Mattina: Roma imperiale
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In questa sezione potete trovare itinerari classici e insoliti, raggruppati per tematiche. Indossate scarpe comode perché sto per portarvi alla scoperta di luoghi, storie e leggende di Roma. Il viaggio è cominciato!
Un walking tour che in una sola giornata vi farà assaporare 2000 anni di storia della città eterna.
Mattina: Roma imperiale
Con i loro 17 km di gallerie e corridoi, distribuiti su quattro differenti livelli, per un totale di 150.000 sepolture, le catacombe di Domitilla sono tra le più vaste di Roma. Sono anche le uniche catacombe, tra tutte quelle aperte al pubblico, ad avere ancora oggi una Basilica sotterranea visitabile. Costruita alla fine del IV secolo durante il pontificato di papa Damaso (366-384), essa fu dedicata ai santi martiri Nereo e Achilleo, due soldati vittime probabilmente della persecuzione di Diocleziano (304 d.C.) e sepolti sotto l’area absidale nei pressi della tomba di santa Petronilla.
Oltre che dagli affreschi e dagli antichi simboli cristiani conservati all’interno dell’area cimiteriale, resteremo colpiti dalla grandiosità dell’opera di scavo nelle profondità e ammireremo l’eccezionalità del lavoro di chi pensò e riuscì a creare tali ambienti sotterranei dallo sviluppo intricatissimo, risultato delle esatte tecniche architettoniche dei primi secoli dell’era volgare.
Le catacombe di Domitilla, scoperte nel 1593 da Antonio Bosio, il primo moderno esploratore degli antichi cimiteri cristiani, si estendono lungo l’antica via Ardeatina, sul luogo delle proprietà della nobile Flavia Domitilla, nipote di Flavio Clemente, console del 95, che aveva sposato una nipote dell’imperatore Domiziano (81-96), di nome pure Flavia Domitilla. Questa parte della gens Flavia avrebbe avuto simpatie cristiane, perché sappiamo dagli storici del tempo che Domiziano fece condannare a morte per motivi religiosi Flavio Clemente e all’esilio nelle isole pontine, sua moglie e sua nipote. Prima dell’esilio, la nipote del console mise a disposizione della comunità cristiana i suoi possedimenti sull’Ardeatina, ove poi sarebbe sorto il più vasto cimitero sotterraneo cristiano di Roma.
Un altro nucleo molto antico è l’ipogeo dei Flavi, che ha origine alla fine del II sec. d.C. come ipogeo privato pagano per poi accogliere, durante il III sec., sepolture cristiane decorate con scene tratte dalle Sacre Scritture. Accanto all’ipogeo dei Flavi, più tardi sorse un Triclinium, un ambiente dedicato alla celebrazione dei refrigeria, i banchetti funerari in memoria dei defunti. Nei pressi del Triclinium è inoltre visibile una cappella funeraria nota come Cubiculum di Amore e Psiche.
Completano la visita: il cubicolo di Veneranda, l’arcosolio degli Apostoli Piccoli ed il cubicolo del fossore Diogene.
La nostra esplorazione di San Clemente svelerà un affascinante intreccio di storia e leggenda: scopriremo una storia lunga duemila anni in circa due ore, a pochi passi dal Colosseo.
L’attuale basilica fu costruita nel XII secolo e merita una visita di per sé, essendo ricca di capolavori (come la cappella absidale e un ciclo di affreschi di Masolino e Masaccio). Tuttavia, la basilica custodisce numerosi altri segreti al di sotto del livello attuale.
Scendendo le scale della navata destra, ci renderemo presto conto di trovarci all’interno di un’altra chiesa, costruita nel IV secolo. Percorrendo il dedalo di cunicoli sotterranei riportati alla luce durante gli scavi archeologici, apprenderemo la storia di un console che divenne martire sotto l’imperatore Domiziano e conosceremo anche il suo servo, che divenne papa, ma fu esiliato in Crimea e divenne martire.
Scopriremo la leggenda della tomba di San Clemente, ritrovata dai Santi Cirillo e Metodio. A Cirillo viene spesso attribuita l’invenzione dell’alfabeto cirillico. Cirillo portò quelle che credeva fossero le reliquie di San Clemente a Roma, dove ora riposano nella Basilica di San Clemente.
Il nostro viaggio rivelerà anche:
Durante l’esplorazione di tutti questi tesori storici, la nostra esperienza sarà arricchita dall’emergere graduale di un sottofondo sonoro. Il debole suono di un fiume sotterraneo, che scorre a più di 10 metri sotto i nostri piedi, diventerà sempre più evidente, aggiungendo un senso di profondità e mistero al nostro viaggio sotterraneo.
Al di sotto della bellissima chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, dove, secondo la tradizione i due santi, che qui abitavano, furono martirizzati sotto l’imperatore Giuliano l’Apostata, si cela uno straordinario complesso archeologico.
Come in un gioco di scatole cinesi, all’interno di questo complesso, restituito al pubblico e musealizzato nel 2002, scopriremo:
Passeggiando all’interno dei vari ambienti affrescati di questo luogo a due passi dal Colosseo, con la nostra immaginazione, e aiutati dalle fonti letterarie, potremo ricostruire così la vita quotidiana dei personaggi che si sono succeduti nel corso di 3 secoli, un aristocratico, un cittadino povero, dei martiri cristiani.
Le Domus Romane del Celio sono aperte al pubblico con il seguente orario:
Il Parco degli Scipioni, compreso tra la Via Appia, le Mura Aureliane e la Via Latina, nasconde nel suo sottosuolo uno tra i più suggestivi monumenti sepolcrali romani: il colombario di Pomponio Hylas. Scoperto nel 1831 da Pietro Campana, il monumento, con decorazioni, stucchi e pitture parietali in ottimo stato di conservazione, è databile alla prima metà del I secolo d.C. e fu utilizzato ininterrottamente per più di un secolo.
Tra le magnifiche decorazioni del colombario e le numerose epigrafi con formule rivolte agli Dèi Mani, potremo scorgere due personaggi dipinti sul timpano nella nicchia di fondo, Granius Nestor e Vinileia Hedone, probabilmente i primi proprietari del colombario.
Stavolta andremo alla scoperta del Mitreo del Circo Massimo, scoperto nei sotterranei dell’ex pastificio Pantanella (ora deposito dei costumi del Teatro dell’Opera).
Data la natura misterica di questo culto (agli iniziati era vietato divulgare le cerimonie che vi si svolgevano), quel poco che sappiamo dei riti che si svolgevano nei mitrei lo dobbiamo agli apologeti cristiani (che avevano l’obiettivo di screditare questa religione, pericolosa concorrente perché diffusissima).
Così sappiamo che alcuni riti erano molto simili a quelli cristiani; Mithra era nato il 25 dicembre; la massima autorità era il Pater (figura simile al Papa cattolico); infine esistevano sette gradi di iniziazione, ognuno dei quali era legato ad un pianeta:
Secondo una suggestiva e recente ipotesi la simbologia presente nel culto di Mithra è una mappa stellare, ed è legata alla scoperta della precessione degli equinozi. Secondo questa interpretazione, il dio Mithra era dotato di un potere così grande da essere in grado di smuovere persino l’immutabile sfera delle stelle fisse.
Interessantissima ed esclusiva visita di Monte Testaccio, una collina artificiale alta più di 50 metri sorta sulla riva sinistra del Tevere, a valle del Foro Boario e dell’isola Tiberina. Era una vera e propria discarica dell’antichità, composta dai resti delle anfore che a partire dalla fine della seconda guerra punica e per tutta l’età imperiale trasportavano olio a Roma (nell’antica Roma l’olio veniva utilizzato, oltre che per cucinare, anche per l’illuminazione e per i massaggi nelle terme).
Le anfore venivano caricate nei territori d’origine su grandi navi onerarie che arrivavano fino al porto di Ostia. Da qui venivano trasferite su chiatte più piccole, che risalivano il corso del Tevere con la tecnica dell’alaggio (ovvero per mezzo di corde trainate da buoi) e scaricate nel grande porto di Ripa Grande (l’Emporium).
Gli archeologi hanno recuperato molte informazioni studiando la composizione chimica delle anfore e studiando le scritte a caratteri rossi, che venivano poste tra le anse. Queste scritte erano veri e propri controlli di qualità e indicavano, un po’ come ai giorni nostri, la provenienza dell’olio (sappiamo così che arrivava prevalentemente dal Betico, corrispondente all’odierna Andalusia), il produttore, il compratore, il peso e persino l’anno di produzione (indicato con i nomi dei consoli in carica).
Noi saremo meno ambiziosi degli archeologi e ci accontenteremo, per così dire, di un percorso sensoriale. Così, una volta varcato il cancelletto di ingresso, è impressionante vedere la distesa di frammenti di anfore a perdita d’occhio tutto intorno a noi e soprattutto sentire lo scricchiolio dei cocci sotto i nostri piedi mentre scaliamo la collina per raggiungerne la vetta. Da quassù, mentre ammireremo un panorama inconsueto della Roma attuale, la nostra immaginazione andrà alla Roma di 2000 anni fa e su questa straordinaria collina riprenderanno vita il pullulare di commerci e di persone, di schiavi e bestiame, la compravendita di olio e il viavai di carri che trasportavano in questa antica discarica, pronte per essere sigillate con strati di calce, i resti delle anfore ormai inutilizzabili perché impregnate di olio.
Racchiuso tra i quartieri di Cinecittà, Appio Claudio e il Quarto Miglio (sulla Via Appia Nuova), e attraversato dalla Via Latina, l’area del Parco degli Acquedotti è quello che rimane di una porzione della campagna romana, che una volta collegava i Colli Albani con le porte della città. Si tratta di un polmone verde con le rovine delle imponenti arcate di quello che resta del sistema di distribuzione delle acque, che contava 11 acquedotti (6 dei quali passavano in quest’area) e che portavano acqua corrente alle fontane e alle terme pubbliche di cui era dotata la città, e di cui gli ingegneri romani erano giustamente orgogliosi. Gli acquedotti restarono in funzione ininterrottamente per 850 anni, finché non furono tagliati durante la Guerra Gotica (nel 537 d.C.) e divennero muti testimoni dell’antica grandezza di Roma e poi tappa obbligata del Grand Tour che gli intellettuali europei facevano in Italia nel XVIII e XIX secolo. Per avere un’idea della grandezza dell’opera compiuta dagli antichi Romani, basti pensare che dal VI secolo e per oltre mille anni per le necessità di Roma si utilizzarono le acque malsane del Tevere, e solo alla fine del XVI secolo papa Sisto V fece costruire un nuovo acquedotto.
Lo spazio compreso tra il Foro di Traiano e le ultime pendici del Quirinale fu utilizzato per costruire i cosiddetti “Mercati Traianei”. Questi costituiscono un articolato complesso architettonico che, utilizzando la duttile tecnica costruttiva del laterizio, sfrutta tutti gli spazi disponibili ricavati dal taglio delle pendici del Quirinale, inserendo ambienti con piante diverse, variamente disposti, sui sei livelli del monumento. Tale articolazione degli ambienti ha permesso di passare gradualmente dalla disposizione curvilinea determinata dall’esedra del Foro di Traiano a quella rettilinea del tessuto urbano circostante. In tutto il complesso gli ambienti erano prevalentemente coperti da volte in muratura, con semplici volte a botte, con semicupole che coprono gli ambienti di maggiori dimensioni, fino al complesso sistema di copertura della Grande Aula, con sei volte a crociera.
Le peculiarità di quest’area sono i suoi continui riutilizzi e trasformazioni: furono prima centro amministrativo dei Fori imperiali, poi residenza nobiliare, poi fortezza militare, convento, fino a diventare oggi la sede del Museo dei Fori Imperiali, che raccoglie frammenti della loro decorazione architettonica e scultorea e ricostruzioni multimediali di notevole impatto.
Un’ultima curiosità: alla morte dell’imperatore, l’urna contenente le sue ceneri (unico tra gli imperatori, sotto il cui principato l’impero raggiunse la sua massima estensione) fu deposta all’interno del pomerio, proprio alla base della colonna.
Questa volta andremo alla scoperta del colle Palatino, in un viaggio dove storia e leggenda si intrecciano, e i ritrovamenti archeologici confermano i racconti degli storici romani e il mito della fondazione di Roma.
Il nostro itinerario partirà dal declivio che dall’Arco di Tito ci porta agli Orti Farnesiani. Da quassù potremo godere di una magnifica visione d’insieme sull’area del Foro Romano prima di proseguire per il nostro viaggio. Passeremo davanti ai ruderi del tempio che i Romani dedicarono alla Magna Mater, dopo aver consultato i libri sibillini, nel tentativo di recuperare il favore degli dèi, che sembrava perduto durante la seconda guerra punica, mentre Roma subiva pesantissime sconfitte ad opera di Annibale. Questo tempio custodiva una misteriosa pietra nera venuta dal cielo (forse un meteorite). Accanto, le scale del mitico gigante Caco, ucciso da Ercole perché gli aveva rubato i buoi, e il luogo adorato dai Romani come la Capanna di Romolo. Se saremo fortunati, riusciremo ad accedere alla Casa di Augusto, recentemente restituita al pubblico dopo anni di scavi. Qui resteremo stupiti nel vedere ancora i colori vivi delle decorazioni originali dello studiolo e della camera da letto (Svetonio ci racconta che Augusto dormì ininterrottamente in questa camera per più di 40 anni). Poi passeremo nella Casa di Livia, anch’essa ricchissima di decorazioni parietali e mosaici pavimentali.
Torneremo all’aperto, per visitare la Domus Flavia, con le imponenti rovine del peristilio con la sua fontana ottagonale, della Basilica e dell’Aula Regia. Nell’osservare i ruderi sparsi tutti intorno a noi, ricostruiamo mentalmente lo sfarzo della dimora imperiale e immaginiamo gli imperatori e i loro invitati cercare refrigerio dall’afa estiva nell’acqua dei ninfei della Domus Augustana, assistere alle corse dei cavalli allo stadio e la vita quotidiana e le cerimonie ufficiali che si svolgevano negli altri ambienti del palazzo imperiale.
Infine andremo in direzione delle arcate di Settimio Severo, da dove potremo ammirare un altro panorama indimenticabile sul Circo Massimo.